Limite delle “esigenze stabili e durevoli” nei contratti a termine

Le nuove restrizioni poste al contratto a tempo determinato, peraltro, possono legittimare una lettura del quadro normativo di riferimento, alla luce dei principi comunitari di cui all’Accordo quadro del 18 marzo 1999 e alla Direttiva n. 1999/70/CE del 28 giugno 1999, tale da escludere se non addirittura vietare l’utilizzo del contratto a termine per soddisfare “esigenze stabili e durevoli” del datore di lavoro.

Questo, in effetti, l’assunto con il quale Trib. Firenze, 26 settembre 2019, n. 794 ha annullato la successione di due contratti a tempo determinato (il primo dei quali sottoscritto nel febbraio 2015 e prorogato per 5 volte fino al giugno 2016; il secondo avviato nell’ottobre 2016 e scaduto a gennaio 2017), sostenendo che i principi comunitari impongono di interpretare le norme interne in materia di lavoro a tempo determinato nel senso che “esigenze stabili e  durevoli di occupazione debbano essere soddisfatte esclusivamente tramite contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, essendo in tal caso vietato l’utilizzo del contratto a tempo determinato”.

Per quanto il quadro normativo complessivo (comunitario e interno) non sancisca in alcun luogo il divieto specifico argomentato dal giudice fiorentino, non vi sono dubbi che il datore di lavoro deve porre attenzione sulla possibile deriva contenziosa che dalla successione di contratti a termine, pur nel rispetto dei limiti di legge, potrebbe astrattamente scaturire in assenza di causali effettivamente sussistenti e solidamente agganciate al precetto normativo.

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