La depenalizzazione delle sanzioni previdenziali

Con riferimento agli effetti del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (attuativo della legge 28 aprile 2014, n. 67, pubblicato nella GU n. 17 del 22 gennaio 2016), in vigore dal 6 febbraio 2016, sul piano del diritto sanzionatorio della previdenza rilevano le fattispecie di omesso versamento delle ritenute previdenziali a carico dei lavoratori e le ipotesi di false dichiarazioni o atti fraudolenti per ottenere prestazioni previdenziali.

Anzitutto, l’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 8/2016 (in attuazione dell’art. 2, comma 2, lett. c), della legge n. 67/2014) sostituisce il testo dell’art. 2, comma 1-bis, del d.l. n. 463/1983, convertito nella legge n. 638/1983, con riferimento alla rilevanza sanzionatoria degli omessi versamenti dei contributi previdenziali, per la quota corrispondente alle ritenute operate nei riguardi dei lavoratori.

La norma puniva con la reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a euro 1.032 qualsiasi condotta illecita del datore di lavoro che operasse le ritenute previdenziali previste dalla legge sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e dei pensionati che lavorano alle sue dipendenze, senza provvedere al dovuto versamento all’INPS. L’attuale testo normativo, al contrario, opera un distinguo legato al valore dell’omissione compiuta dal datore di lavoro, confermando la sanzione penale della reclusione fino a 3 anni congiunta alla multa fino a euro 1.032 per i soli omessi versamenti di importo superiore a euro 10.000 annui.

Se, invece, l’importo omesso rimane sotto la predetta soglia (vale a dire non supera i 10.000 euro per anno), al datore di lavoro si applicherà la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro.

In ogni caso il datore di lavoro non è punibile con la sanzione penale per le omissioni più gravi e non è assoggettabile neppure alla sanzione amministrativa per quelle sotto soglia se versa quanto dovuto entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione.

D’altro canto, sia il reato che l’illecito amministrativo sussistono soltanto se a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate non risulta un saldo attivo a favore del datore di lavoro e, comunque, a fronte di una effettiva corresponsione della retribuzione ai dipendenti (Cass. pen., sez. un., 26 giugno 2003, n. 27641; Cass. pen., sez. III, 4 marzo 2010, n. 14839; Cass. pen., sez. III, 25 maggio 2011, n. 20845).

L’attuale distinzione fra reato e illecito amministrativo, in ogni caso, riguarda sia i collaboratori coordinati e continuativi, sia i lavoratori agricoli, interessando la novella legislativa tanto l’art. 1, comma 1172, della legge n. 296/2006 che ha esteso la fattispecie illecita dell’art. 2, comma 1-bis, del d.l. n. 463/1983, convertito nella legge n. 638/1983, all’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori subordinati in agricoltura, quanto l’art. 39 della legge n. 183/2010 che ha esteso l’illecito all’omesso versamento delle ritenute operate sui compensi dei titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Circolare INPS n. 71 del 4 maggio 2011).

 

Sempre sul fronte del diritto sanzionatorio previdenziale, inoltre, in particolare sul piano delle sanzioni che governano gli adempimenti nei riguardi degli Enti ed Istituti previdenziali rileva la trasformazione da illeciti penali ad illeciti amministrativi per i soggetti che effettuano dichiarazioni false o compiono altri atti al fine di procurare indebitamente a sé o ad altri prestazioni previdenziali non spettanti, o per periodi e in misura diversi e superiori rispetto a quelli effettivamente spettanti.

Così con riferimento ai trattamenti di disoccupazione in edilizia (art. 18, comma 1, legge n. 427/1975, in vigore fino al 31 dicembre 2016), per cui la multa originaria, viene sostituita da una sanzione pecuniaria amministrativa di tipo proporzionale progressivo da euro 20 a euro 206 per ciascun lavoratore cui l’illecito si riferisce, ma la sanzione da irrogare non può, in ogni caso, essere inferiore a 5.000 euro né superiore a 50.000 euro, in ragione dell’art. 1, commi 1, 2 e 6, del d.lgs. n. 8/2016.

Analogamente, con riferimento alle prestazioni economiche per malattia e per maternità (art. 1, comma 11, d.l. n. 663/1979, convertito in legge n. 33/1980), per cui opera la sanzione amministrativa da euro 103 a euro 516 per ciascun soggetto cui si riferisce la violazione, che non può essere però inferiore a 5.000 euro né superiore a 50.000 euro (art. 1, commi 1, 2 e 6, del d.lgs. n. 8/2016).

Con riguardo agli agenti e rappresentanti di commercio (art. 33, comma 5, legge n. 12/1973), per la pena della multa da euro 5 a euro 51, e ai giornalisti professionisti (art. 12, comma 5, legge n. 1122/1955 e D.M. 1° gennaio 1953) per la pena della multa da euro 12 a euro 129, le nuove reazioni sanzionatorie consistono in una sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 euro, in base all’art. 1, commi 1, 2 e 5, lettera a), del d.lgs. n. 8/2016.

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