La depenalizzazione negli illeciti nel mercato del lavoro

Con riferimento agli effetti del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (attuativo della legge 28 aprile 2014, n. 67, pubblicato nella GU n. 17 del 22 gennaio 2016), in vigore dal 6 febbraio 2016, anche sul fronte del mercato del lavoro la depenalizzazione interessa l’abusivo esercizio delle attività di intermediazione, ricerca e selezione e ricollocazione, nonché le violazioni per il collocamento obbligatorio dei massaggiatori e dei fisioterapisti non vedenti, come pure le ipotesi di illecita mediazione nell’assistenza ai lavoratori e le discriminazioni di genere.

Così, l’esercizio abusivo della attività di intermediazione risulta punito, ai sensi dell’art. 18, comma 1, d.lgs. n. 276/2003, con la pena congiunta dell’arresto fino a 6 mesi e dell’ammenda da 1.500 a 7.500 euro se a scopo di lucro, ma se l’autore del reato non ha perseguito alcuna finalità di lucro la originaria pena dell’ammenda da 500 a 2.500 euro è ora sostituita dalla sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 euro per effetto dell’art. 1, commi 1, 3 e 5, lettera a), del d.lgs. n. 8/2016.

 

Analogamente accade per l’esercizio non autorizzato delle attività di ricerca e selezione e di supporto alla ricollocazione del personale, disciplinate dal d.lgs. n. 276/2003, originariamente punite con la pena dell’ammenda da 750 a 3.750 euro, in caso di finalità lucrativa, e con la pena dell’ammenda da 250 a 1.250 euro, se manca lo scopo di lucro, per opera della intervenuta depenalizzazione in entrambi i casi si avrà una sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 euro per effetto dell’art. 1, commi 1, 2 e 5, lettera a), del d.lgs. n. 8/2016.

 

Anche per i massaggiatori e dei massofisioterapisti privi di vista la originaria tutela di tipo penale che prevedeva la pena dell’ammenda da 2 a 12 euro per ogni giorno lavorativo e per ogni lavoratore non vedente non assunto, in sostituzione di uno dei massaggiatori o massofisioterapisti diplomati che abbia cessato il lavoro (art. 4, legge n. 686/1961), ovvero la pena dell’ammenda da 7 a 77 euro per ciascuna omissione per non aver trasmesso la dichiarazione sui lavoratori assunti ovvero la comunicazione delle variazioni dei dati già dichiarati scatta (art. 6, comma 3, legge n. 686/1961), lascia ora il posto alla punibilità esclusivamente amministrativa.

Si ha, dunque, una sanzione pecuniaria amministrativa di tipo proporzionale progressivo nel primo caso da 2 a 12 euro per ogni giorno lavorativo e per ogni lavoratore non vedente non assunto, ma la sanzione da irrogare non può, in ogni caso, essere inferiore a 5.000 euro né superiore a 50.000 euro, in ragione dell’art. 1, commi 1, 2 e 6, del d.lgs. n. 8/2016.

Nella seconda ipotesi, invece, si avrà una sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 euro per effetto dell’art. 1, commi 1, 2 e 5, lettera a), del d.lgs. n. 8/2016.

 

La depenalizzazione opera anche per quanto attiene alle agenzie private e ai singoli procacciatori che operano una illecita mediazione nell’assistenza ai lavoratori (art. 17, comma 2, legge n. 152/2001), per avere esplicato attività di mediazione nell’assistenza ai lavoratori e ai loro aventi causa in materia di lavoro e previdenza e assistenza obbligatorie, già punita con la pena dell’ammenda da euro 1.032 a euro 10.329, opera una sanzione amministrativa da 5.000 a 30.000 euro, in base all’art. 1, commi 1, 2 e 5, lettera b), del d.lgs. n. 8/2016.

Rimane invece di natura penale l’illecita mediazione nell’assistenza ai lavoratori svolta nei casi più gravi che rimangono puniti con l’ammenda da euro 1.032 a euro 10.329 congiunta all’arresto da 15 giorni a 6 mesi, inoltre se, per le condizioni economiche del reo, l’ammenda può presumersi inefficace, anche se applicata nel massimo, il giudice potrà aumentarla fino a 51.645 euro.

 

Infine anche le discriminazioni di genere finiscono sotto la lente della depenalizzazione. Infatti, anche le condotte discriminatorie nell’accesso al lavoro e nello svolgimento del rapporto di lavoro in violazione delle tutele sancite dal d.lgs. n. 198/2006, come modificato dal d.lgs. n. 5/2010, originariamente sanzionate in sede penale, dall’art. 41, comma 2, d.lgs. n. 198/2006, con la pena dell’ammenda da 250 a 1.500 euro, sono ora punite con la sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 euro, in base all’art. 1, commi 1, 2 e 5, lettera a), del d.lgs. n. 8/2016.

Sono quindi illeciti amministrativi le violazioni dell’art. 27, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 198/2006, in tema di divieto per il datore di lavoro di praticare qualsiasi discriminazione diretta e indiretta fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro nonché la promozione, come pure le discriminazioni: relative “alle iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento, aggiornamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini formativi e di orientamento” (art. 27, comma 3); in materia di retribuzione (art. 28); in materia di mansioni, qualifiche e progressione nella carriera (art. 29); in materia di prestazioni previdenziali (art. 30).

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